martedì 30 luglio 2013
DOPO LO STUPRO DI GRUPPO, ANCHE LO STALKING
Siamo tutte profondamente indignate. Qualche giorno fa ci ha lasciate basite la notizia riguardante lo stupro di gruppo in cui non si considera obbligatorio il carcere; ma anche oggi nulla di positivo; niente carcere per chi fa stalking. Il codice di procedura penale sarebbe stato modificato con un nuovo articolo, il 280, che recita: "La custodia cautelare in carcere può essere disposta solo per delitti, consumati o tentati, per i quali sia prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni". Ciò vuol dire che qualsiasi donna decida, coraggiosamente, di denunciare il proprio partner o un tizio qualunque che non le dà pace, dovrà arrangiarsi, marcire e lasciarsi tormentare continuamente finchè non succeda qualcosa di grave: omicidio, stupro o suicidio; ma a quel punto sarà troppo tardi. Ottimo, no?! Del resto su ogni quotidiano, ogni santissimo giorno, non spuntano come funghi articoli dedicati al femminicidio, no?! I commenti dinanzi a questa pessima e disarmante decisione cadono come pioggia, donne e uomini indignati, come afferma il capogruppo della Lega Nicola Molteni: "Chiunque voti favorevolmente un provvedimento simile dovrà assumersene la responsabilità. Ogni ferita, ogni abuso e ogni omicidio che seguirà questo disegno sciagurato avrà un nome, un volto, una coscienza". Considerazione perfetta, da standing ovation, peccato che tutti noi sappiamo che chi applica le leggi, qualunque cosa succeda, se ne lava le mani. E' storia scritta e riscritta. Film visti e rivisti. Noi donne non abbiamo mai pace, di conseguenza non ci resta che sperare.
lunedì 29 luglio 2013
UN RITORNO A CASA MAI AVVENUTO
Eccoci. Ci risiamo. Qualche giorno fa è avvenuto il tragico incidente a Santiago di Compostela e ieri, nei pressi di Avellino, un'altra strage. Questa volta non si tratta del deragliamento di un treno e neanche dell'ossessione della velocità dell'autista, bensì di un semplice ma crudele tamponamento. Un po' come quelli che possono accadere tutti i giorni per la troppa disattenzione? Non proprio. Il pullman ha tamponato alcune auto dinanzi a lui scatenando un susseguirsi a catena con un finale tragico: 30 metri di volo. Le vittime per ora sono 36, tra bambini, anziani, padri e madri di famiglia. Gente di tutte le età perché questa era una gita, una di quelle gite di famiglia, dove ci si sveglia all'alba, con pranzo al sacco, lo scopo di far divertire i bambini con gli amichetti, l'emozione nel fare nuove escursioni, nuove conoscenze, e il ritorno sul pullman, di sera, ormai sfiniti, dove possiamo immaginare una conversazione tra moglie e marito: "Stasera devo fare la lavatrice, ma non ho voglia!" e la risposta dolce e pronta " Ma no amore, sei stanca, la fai domattina". E poi il caos, le urla, il sangue, il volo, quel ritorno a casa mai avvenuto e quella lavatrice mai fatta. Non conta la serenità nel ritrovarsi vivi, no, perchè tra le urla, il sangue e i pianti c'è anche il tuo bambino, tuo marito, tuo fratello, tuo padre. All'appello la mattina erano 48 le persone presenti su quel pullman e al ritorno, tragico e indimenticabile, meno della metà.
Le cause dell'incidente non sono ancora note ma l'ipotesi più accreditata è un guasto ai freni; vengono, però, tenute in considerazione anche l'improvviso scoppio di una ruota e il colpo di sonno dell'autista. Ancora nulla di certo, tutto ciò verrà verificato nel momento in cui ad ogni corpo verrà associato un nome e un cognome, quel tragico momento in cui verrà chiesto ai parenti e agli amici di riconoscere il cadavere.
Secondo le testimonianze, il pullman, dall'alto pare irriconoscibile, una scatoletta schiacciata. Le persone presenti nelle macchine tamponante sono ferite ma non in gravi condizioni, chi zoppica, chi sanguina, chi piange, chi è sotto shock. "Il Corriere Della Sera" riporta anche una testimonianza di uno degli autisti tamponati: "C'erano alcune auto incolonnate per un rallentamento. Ci siamo fermati. Qualcuno ha messo le quattro frecce. All'improvviso abbiamo sentito un boato. Sembrava un terremoto". Intanto dal basso si sentono delle urla, parole fredde, gelide, un soccorritore grida ai colleghi: "Servono 40 bare".
I superstiti sono pochissimi e comunque in gravi condizioni. Non è il primo incidente avvenuto in quella strada maledetta, prima di questo, i morti erano già una quarantina.
domenica 28 luglio 2013
QUELLA PECCA CHIAMATA DOPING
Nei quotidiani e sui vari siti internet se ne sta parlando tanto. Un caso che ci lascia basiti, delusi, increduli. Ma increduli in cosa? Nello sport? No, perchè fino a prova contraria, lo sport è stato sempre considerato una sorta di benessere, interiore ed esteriore; quel perfetto equilibrio che si instaura tra mente e corpo. Ma fino a che punto? Fino a che punto è conveniente raggiungere il benessere facendosi del male? I motivi sono tanti; economici, di fama, di riconoscimento nazionale e soprattutto mondiale. Il doping è la pecca dello sport, la sua rovina. Pochi giorni fa è avvenuta una vera e propria strage nell'atletica. Strage iniziata con Veronica Campbell-Brown che è risultata positiva a un diuretico proibito, continuata con Tyson Gay che in questo periodo stava ottenendo risultati importanti (e ora sappiamo anche il perché) e non ancora conclusa, no, perché i nomi sono ancora molti. Quindi continuiamo: Asafa Powell, Nesta Carter, Sheron Simpson, Allison Randall, Travis Smikle e Damar Robinson. Tra questi nomi c'è gente che ha vinto Olimpiadi, che è salita sul podio, che ha conquistato i mondiali, che ha fatto sognare il mondo intero. Come dimenticare, inoltre, il caso italiano avvenuto a Londra 2012 che ha coinvolto Alex Schwazer. Una sorta di lutto nazionale. Solo delusione.
Ma l'atletica non è la sola, anche il tennis sta subendo un periodo particolarmente nero, prima con la squalifica del serbo, Victor Tricki, per 18 mesi causata dal rifiuto di consegnare un campione di sangue, poi con la notizia di Cilic risultato chiaramente positivo. A quanto pare, il giocatore avrebbe appreso la notizia durante il torneo di Wimbledon e in seguito avrebbe deciso di simulare un infortunio e di non presentarsi sull'erbetta inglese per non deludere tutti coloro che hanno pagato il biglietto (e anche a caro prezzo) per vedere una competizione tra persone oneste e pulite. Chi ha praticato, anche per poco tempo, attività agonistica, sa benissimo quanti sacrifici, quanto "sangue sputato" c'è dietro tutti questi campioni. Sacrifici fatti dallo sportivo stesso, dai genitori, dal team, dall'allenatore; ed è un vero peccato rovinare un'intera carriera, anche con continui articoli in prima pagina che tendono a denigrare. E poi si sa, la gente non si ricorda mai il bene che hai fatto ma si ricorda solo degli errori.
sabato 27 luglio 2013
QUELLE VITE VIRTUALI CHIAMATE SOCIAL NETWORK
Non è una semplice moda passeggera, è un radicale cambiamento di stili di vita, un completo stravolgimento. Si tratta della nascita delle piattaforme digitali, i famosissimi e sempre più utilizzati Facebook, Twitter, Instagram, Skype e chi più ne ha più ne metta. Queste vite virtuali, questa voglia di far sapere, a tutti i contatti, cosa si sta facendo in quel preciso instante, con chi si è, perché si è lì, dove ci si trova e perché no... la fotina che conferma tutto non manca mai! Dalla passeggiata con l'amica a prendere un gelato alle spiagge romagnole con champagne targato "Papete". Non ci sono più segreti, non c'è più privacy, non si utilizza neanche più la frase "ma l'hai sentita l'ultima?" perché l'ultima è proprio lì, davanti agli occhi di tutti, Giulia che si è lasciata con Matteo perché Matteo l'ha tradita con Francesca e bla bla bla... Di conseguenza ci appare nella "home" che Giulia "è passata da fidanzata ufficialmente a single", che Matteo condivide video musicali su YouTube deprimenti e Francesca se la spassa nelle spiagge romagnole con la bottiglia del "Papete". Facciamo due più due e scoviamo tutto. Ma tutto ciò ci interessa veramente? Sapere ogni minimo particolare della vita di una persona ci riguarda da vicino? A quanto pare sì. Siamo tutti ipnotizzati da questo mondo, non riusciamo a farne a meno, non riusciamo a smettere. Pensare alla nostra vita senza l'applicazione blu con la "f" o senza l'uccellino che vola ci pare assurdo. Senza non saremmo più sul pezzo, non sapremmo tutti i gossip, non sapremmo che il royal baby ha finalmente un nome, prima ancora che venga detto al telegiornale, non sapremmo che Belen è a Formentera e non sapremmo tutte le mosse dei nostri amici, insomma non sapremmo tante, forse troppe questioni probabilmente irrilevanti. Siamo sempre alla ricerca di una notifica, di un "like" su una foto appena postata, di una nuova richiesta di amicizia. Ecco il punto, le richieste di amicizia. Su internet si ha la possibilità di conoscere infinite persone, da cui possono sfociare infiniti amori, amori a distanza, amori virtuali, amori, per la maggior parte delle volte, con significati diversi rispetto l'amore vero. Un po' come quello di Giulia e Matteo. E poi, ciò che è ancora più preoccupante è che, al giorno d'oggi, sono sempre di più i piccini che vogliono iscriversi a qualche piattaforma, perchè seguono noi grandi e vogliono essere affascinati anche loro da questo mondo insulso; non c'è più la bellezza di giocare in cortile con tutti i bambini del palazzo, a palla battaglietta, o saltare alla corda con canzoncina associata, non c'è più la collezione delle tessere telefoniche o Barbie che litiga con Ken, non è rimasto più nulla dell'infanzia, che probabilmente è il periodo più bello e rilassante della nostra nostra vita.
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venerdì 26 luglio 2013
FERMA IL BASTARDO
Pochi giorni fa ho scritto un articolo riguardante una campagna pubblicitaria di "Piazza Italia" che sottolinea l'importanza del lavoro e di quanto al giorno d'oggi ce ne sia poco. Oggi parlerò di un'altra campagna pubblicitaria. Il marchio è "Yamamay" e lo slogan recita: "Ferma il bastardo". Slogan che tende a denunciare tutte le violenze fatte all'interno delle mura domestiche, subite da donne. Tanto se ne sta parlando di questo problema: la denuncia su Facebook di Anna Laura Millacci, il discorso molto toccante di Luciana Littizzetto a Sanremo in cui diceva: "In Italia, in media, ogni due o tre giorni un uomo uccide una donna, una compagna, una figlia, un'amante, una sorella, una ex. Magari in famiglia, perché non è che la famiglia sia sempre e per forza quel luogo magico in cui tutto è amore. La uccide perché la considera una sua proprietà, perché non concepisce che una donna appartenga a se stessa e sia libera di vivere come vuole lei. E noi che siamo ingenue spesso, scambiamo tutto per amore. Ma l'amore con la violenza e le botte non c'entrano un tubo; l'amore, con i schiaffi e pugni c'entra come la libertà con la prigione. Un uomo che ci mena, non ci ama. Mettiamocelo in testa. Vogliamo credere che ci ami? Bene, allora ci ama male. Non è questo l'amore. Un uomo che ci picchia è uno stronzo, sempre. E dobbiamo capirlo subito, al primo schiaffo, perché tanto arriverà anche un secondo e poi un terzo e un quarto. L'amore rende felici e riempie il cuore, non rompe le costole, non lascia lividi sulla faccia. Pensiamo mica di avere sette vite come i gatti? No, ne abbiamo una sola, non buttiamola via", e ancora Barbara D'Urso e la sua continua lotta contro la violenza sulla donne, il suo continuo invito a "denunciare i mostri", ecc... Oggi, anche Gianluigi Cimmino, ha detto BASTA! Gianluigi Cimmino è nato a Roma nel 1973; è laureato in Economia e Commercio e possiede il marchio Yamamay. L'annuncio della campagna pubblicitaria presenta un'immagine con un occhio livido accompagnato dallo slogan: "FERMA IL BASTARDO". Cimmino afferma: "Avevo dato l'input al mio gruppo di creativi, volevo lavorassero a un'idea contro la violenza sulle donne" e continua "Questo risultato mi e piaciuto subito: forte, un pugno nello stomaco." "Produciamo capi di intimo, certo, ma non abbiamo mai fatto una campagna non rispettosa alle donne. Le donne sono nostre clienti. Mostrare i corpi femminili fa parte del nostro lavoro perché non esiste altro modo per far vedere l'effetto di certi capi indossati. Ma non ci abbiamo mai giocato, mai forzato la mano. Mai ammiccato. Mai oltrepassato il buon gusto". E continua, criticando la monotonia di alcuni marchi: "Usare il corpo femminile per pubblicizzare qualunque cosa, dai telefonini, alle lavatrici è un cortocircuito di chi non ha più idee". La campagna pubblicitaria partirà domani e le commesse di ogni negozio indosseranno una t-shirt con lo slogan in atto. Cimmino conclude: "Vorrei che questa campagna desse il via a un grande movimento popolare". Che poi è quello che ci auguriamo tutti; di conseguenza FERMIAMO I BASTARDI, perché ce ne sono veramente troppi.
NUMERO DI TELEFONO DELLA RETE NAZIONALE ANTIVIOLENZA: 1522
mercoledì 24 luglio 2013
IL FATTO NON SUSSISTE
I protagonisti di questa storia sono due tra i più famosi stilisti nel panorama mondiale, Domenico Dolce e Stefano Gabbana. Tutto iniziò mercoledì scorso, quando l'assessore al Commercio di Milano, Franco D'Alfonso afferma: "Qualora stilisti come Dolce e Gabbana dovessero chiederci spazi pubblici, il Comune dovrebbe chiudere loro le porte. Non possiamo farci rappresentare nel mondo da evasori." Gli stilisti più amati in tutta Italia e nel mondo vengono quindi etichettati come "EVASORI". La furia dei due è scontata, tanto che in un "Corriere Della Sera" di settimana scorsa vengono occupate due pagine, una con una lettera scritta da loro e l'altra scritta dai loro tre avvocati. Lo scopo delle due pagine era spiegare ai lettori cosa stesse succedendo e la loro causa d'indignazione. Ma l'ira di Gabbana non si ferma qua, utilizza Twitter e cinguetta: "Comune di Milano fate schifo!!! Fate schifo e pietà !!! Vergognatevi !!!". I due stilisti, dopo varie riflessioni decidono di chiudere i loro negozi e il loro ristorante di Milano per tre giorni e su ogni vetrina viene affisso un cartello con la scritta "chiuso per indignazione" (i commessi però verranno correttamente retribuiti).
I due re della moda non vogliono tacere, nasce quindi un'intervista fatta da Gian Antonio Stella sul "Corriere Della Sera" dove Stefano Gabbana afferma: "Noi siamo delle persone perbene. Viviamo in Italia, paghiamo le tasse in Italia, non facciamo finta di vivere all'estero..." e prosegue: "Noi sappiamo fare i vestiti. Vogliamo fare i vestiti. E invece siamo tirati in mezzo in una storia complicatissima di commi e codicilli". "Non ci rassegniamo a essere crocefissi come dei ladroni. Perché non lo siamo."
La conversazione continua e dopo varie domande, il giornalista chiede loro: "E se vi confermano la condanna a 400 milioni di multa?" interviene Dolce: "Chiudiamo. Cosa vuole che facciamo? Chiudiamo. Non saremmo in grado di resistere. Impossibile". E Gabbana aggiunge: "Se ci meritassimo la condanna niente da dire, ma non la meritiamo. E comunque sì, dovremmo chiudere."
Dolce e Gabbana non si nascondono davanti a niente, rispondono pronti a ogni domanda, anche la più fastidiosa, e da come si legge, spesso, il tono è ironico e tende a "stuzzicare" il giornalista, tanto che affermano: "Non abbiamo mica fatto le cose di notte! Tutto alla luce del sole". Alle loro dichiarazioni io credo, è tutto scritto e di conseguenza "il fatto non sussiste".
martedì 23 luglio 2013
HABEMUS ROYAL BABY
Ci siamo. E' nato. E' nato. E' nato. Chiunque non sapesse, non avesse ancora acceso il televisore o non avesse ancora visto un pezzo di carta che non sia carta igienica, E' NATO. Pare che in quel di Buckingham Palace, o comunque non molto distante, la Middleton abbia finalmente sfornato il bebè, un maschio. A causa delle innumerevoli notizie, iniziavamo ad avere nausea e doglie anche noi. Del piccolo non si sa ancora il nome, né si è ancora visto il volto, ma domani avremo già articoli in prima pagina riguardanti il suo primo ruttino. Dall'ospedale, i medici, ci assicurano che mamma e figlio stanno benissimo e forse già oggi Kate viene dimessa; anche perché con tutte le attenzioni e le cure che hanno ricevuto è quasi impossibile che stiano male. La notizia è stata riportata su qualsiasi giornale del mondo e qualsiasi palinsesto televisivo, un po' come se la duchessa fosse l'unica donna sulla faccia della terra ad aver messo al mondo una vita. Il bimbo è nato il 22/07/2013 alle h 16.24 londinesi e pesa 3,8 kg. La folla al di fuori di Buckingham Palace era ed è immensa, gente da tutto il mondo, italiani, americani, spagnoli, francesi, irlandesi, scozzesi e chi più ne ha più ne metta. Ora (più che "ora", da circa 9 mesi) le attenzioni sono tutte su di lui, l'erede al trono, chi scommette sul nome, chi prova ad indovinare se assomiglia più a Kate o a William, chi sa già la nazionalità della tata (Barbara D'Urso ci svela su Twitter che sarà una tata italiana), chi lo invidia per ciò che gli spetta e chi lo compatisce per la poca libertà che gli riserverà il futuro. Perchè, forse, la libertà è l'unica ricchezza di cui nessuno ci può privare, e lui, a causa dei continui riflettori puntati, ne avrà molto poca.
lunedì 22 luglio 2013
IO FACCIO LA MIA PARTE
Viaggiando per le strade della città di Milano, sono rimasta affascinata da una campagna pubblicitaria "estate 2013". L'impresa è "Piazza Italia" e la campagna pubblicitaria recita l'headline: "Io faccio la mia parte". Come si può vedere dai vari annunci, nei visual non ci sono modelle nude e modelli con l'addominale scolpito, bensì gente comune. Piazza Italia ha voluto rappresentare l'Italia operaia, l'Italia che lavora, o per lo meno l'Italia che, al giorno d'oggi, vorrebbe lavorare, dato l'alto tasso di disoccupazione. All'interno della campagna sono presenti: operai, operatrici ecologiche, volontari, cavatori, camerieri, pescatori, fornai, guardie del fuoco, falegnami e impiegate in case di cura. Come si legge sul sito ufficiale dell'impresa, l'obiettivo è quello di: "Gente comune che attraverso la loro immagine, hanno voluto rappresentare il loro quotidiano, fatto di lavoro, sacrifici, speranze e semplici gesti d'umanità, cercando di spronare chi al potere potrebbe fare di più".
Tanto coraggio e tanta stima per questo marchio italiano.
Fonte ufficiale: http://www.piazzaitalia.it/index.php



domenica 21 luglio 2013
Lui, Lei e L'altra
Sembra un film, una fiction, lui, lei e l'altra. I protagonisti però, in questo caso, sono reali: Lui sarebbe il famoso cantante italiano Massimo di Cataldo, Lei la stimata artista visuale Anna Laura Millacci e l'Altra la prima moglie di Massimo, Jorgelina Borda Amezaga. Tutto si è scatenato sul social network più famoso sulla faccia della terra, Anna Laura ha voluto denunciare pubblicamente la violenza fisica e psicologica del marito e lo ha fatto con immagini molto crude: il suo volto violaceo, gli occhi tristi e spenti rossi e la foto di una vasca da bagno in cui è presente un ipotetico feto zuppo di sangue tanto che su Facebook scrive : "Anche quando ero incinta mi ha picchiata e Rosalù è un miracolo sia nata. Questa volte le botte me le ha date al punto di farmi abortire il figlio che portavo in grembo". Probabilmente, dopo questo post, il cantante riceve continui insulti e continue domande perché la sua reazione su Facebook appare sorpresa tanto che si giustifica scrivendo: "Solo poco fa ho appreso su Facebook cosa sta accadendo e sono sconvolto. Come può una donna, madre di mia figlia, arrivare a tanto, alterando la realtà solo perché una storia finisce? Farò di tutto per tutelarmi, prima come uomo e poi come artista". A questo punto la pioggia di commenti è scontata, chi si schiera dalla parte di lei insultando Di Cataldo, chi si schiera dalla parte di lui, dicendo che l'unico obiettivo della moglie è quello di un po' di visibilità. Ancora non si sa da che parte stia la verità, personalmente dubito che lei abbia cosparso un feto di Ketchup e tanto meno si sia colorata il naso con il sangue finto che si usa nella festa di Halloween. Ma continuiamo. La Millaci da grande Donna dedica successivamente un post, sempre su Facebook, al suo "uomo": "Caro Massimo Di Cataldo non avrei mai voluto arrivare a dire pubblicamente che uomo sei, e a pubblicare queste foto così terribili. Tu che ci tieni così tanto alla tua faccina angelica.. alla tua carriera ormai fatiscente al punto che hai scelto di convivere con due personalità diverse ed opposte peggio di dottor Jekil e mr. Hide.
Sai...dopo 13 anni di un grande amore ma anche grandi sofferenze ho pensato di farti un regalo. L'ultimo degli infiniti che ti ho fatto in questi anni. Il più prezioso:
forse ora prenderai coscienza ...visto che sembri sempre inconsapevole delle tue azioni come farebbe un bimbo di 3 anni.
Forse stavolta ti sto aiutando davvero.
Ti regalo la possibilità di fare un Upgrade. Quello di diventare finalmente un Uomo. E non lo faccio per rabbia ma per la nostra piccola Rosalù che ha bisogno di un padre e non di un fratellino piccolo e violento. Buona vita Massimino e buon premio Lunezia. Premieranno il tuo grande onore nei confronti di noi donne tutte."
Perché sì, quando succedono questi episodi, noi donne tutte ci sentiamo ferite, deluse ed è una coltellata al cuore per ognuna di noi.
Ma Di Cataldo non molla, e il suo ultimo post fa capire che lui è ancora stupefatto, vuole far passare la sua donna per una falsa che sta descrivendo un episodio surreale tanto che conclude con un deciso: "La verità verrà a galla. Io non temo poiché non ho niente da nascondere".
In questa storia però c'è una terza persona, l'ex moglie di Massimo Di Cataldo, tirata in causa in questo botta e risposta mediatico: "Proteggiamo i nostri figli dalla violenza e non facciamoci ingannare dalle canzoni romantiche. e questo lo sa bene pure la tua ex moglie Jorgelina" scrive Anna Laura, sempre su Facebook.
A questo punto Jorgelina deve intervenire e anche lei lo fa tramite social network: "Credo che quella donna sia una persona squilibrata, che ha fatto molto male a me e a mia figlia... Quando vivevamo a Trastevere, con Massimo, lei lo perseguitava, citofonava a tutte le ore della notte, nonostante io avessi una bambina piccola, la mia primogenita, Carlotta, che dormiva. Lo tempestava di messaggi per costringerlo a scendere. Mi sembrava ossessiva ed emozionalmente squilibrata. Massimo mi avrà tradito con 500 donne, ma lei non gli dava tregua, nemmeno quando lui pensava di ricostruire la famiglia. Ha invaso la nostra vita quotidiana, ha fatto tanto male a Massimo e a me".
Cara Jorgelina, la verità non è ancora venuta a galla, i nodi non sono ancora venuti al pettine, difendere il tuo ex marito, che ti ha tradito con 500 donne come hai detto solo per dichiarare guerra alla donna che te l'ha portato via non ti fa onore, alle volte la solidarietà femminile non farebbe male.
Donne DENUNCIATE, non si tratta di vergogna o di "sputtanamento", DENUNCIATE!
Tutta la storia è molto triste, ma ciò che è ancora più triste è che viviamo in un paese dove imponiamo alle donne cosa devono fare in casi come questi e non facciamo nulla per far sì che questi casi non si verifichino.



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